Just a bit
Se non è questa fame di nuovo
sarà voglia di trasgressione.
E se non è voglia di trasgressione
sarà necessità di un pizzico di follia.
Perché in realtà sembra che tutto scorra
invece routine e banalità m’inchiodano
in una realtà che non mi appartiene
costellata di sterilità creative.
È tempo di refrain.
In fondo mi piaccio quando sono
impulsiva ed eccessiva…
Just a bit 😉
19 luglio 2015
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Just a bit © Paula Becattini
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Torna
Avevo bocca rosea e dolci pensieri
a interrompere i sogni
nelle prime ore del mattino;
e il frusciar di lenzuola
su membra calde
che timide cercavano
l’intreccio di un abbraccio
la sospensione di due sospiri.
Avevo un angolo di paradiso
nel profondo della penombra
e spazio per l’immaginare;
la realtà di una stretta forte
la sensazione d’infinito
nel peso di due corpi sfiniti
dalle fatiche e dal piacere.
Avevo bocca rosea e seni pieni
a riprendere i sogni
nelle prime ore del mattino;
e un caldo respiro catturato
tra i capelli profumati
lungo il collo e la schiena
come un brivido di freschezza.
La meraviglia di addomentarsi
con il sorriso tra le labbra
e la certezza di essere due vite.
Anche se poi non è stato per sempre
ma per sempre sarò quella bocca rosea
nel vuoto e nella speranza.
Torna…
2 agosto 2014
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Torna © Paula Becattini
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Ravish
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Non fu esplosione di emozioni
ma di colori, negli occhi di un cieco
che riconquistarono il mondo
sfregiandolo nella luce
con nuove dita duttili e indifese.
Uno schiaffio in piena guancia
un rumore tagliente nell’anima
e i capelli sollevati al rallentatore
mentre la mente cadeva giù
nella violenza di un amore.
Tu non puoi immaginare
– ignaro – cosa significhi subire
mentre io apro sempre più gli occhi
pur di evadere da tutte le pene
e riprendere un minimo di me stessa:
che lui mi ha stuprato la vita
per il solo suo piacere.
27 aprile 2014
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Ravish © Paula Becattini
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Infatu(a)zione
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Sei un sospiro.
Un respiro.
Il profumo che avanza
dalla tua bocca e niente parole
solo il tuo sguardo
sul mio viso, sulla mia pelle
strappando a brandelli un brivido.
E premi.
Sali.
Ti mischi con il sudore
con la furia del corpo
e la dolcezza dei baci
senza il limite dell’indecenza
a farmi da padrone.
Sei tu il mio signore.
Il mio eros.
E ti lascio fare, ti lascio andare
percorrere queste carni
in ogni anfratto delle loro emozioni
tra sogno e realtà bramata
una verità più volte vissuta.
Sono ancella.
Sono passione.
Ma il silenzio è una tortura
quando cresce nel piacere
e un pensiero invadente
si mischia a quel sentimento
che vorrebbe osare.
Spasmo dell’anima.
Linfa del cuore.
Se tu fossi solo briciola
ti lascerei per poco sul labbro roseo
prima di raccoglierti
distrattamente
e dimenticarti nell’esplosione.
In fede sono già tua.
Sono già amore.
18 aprile 2014
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Infatu(a)zione © Paula Becattini
La felicità di Martina – Capitolo 7
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Il volo
L’angelo ha aperto le ali
e si è già lanciato dall’infinito del cielo.
Non vi è urlo che l’accompagna,
solo il silenzioso taglio dell’aria.
Sarà la sua caduta
a ricondurlo tra i mortali,
con il suo sogno imprigionato
sempre e comunque tra le ali…
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Capitolo VII
Gioele era in cucina, stava preparando una zuppetta di pesce, in piena eccitazione e gaiezza, al ritmo della musica dei PFM.
Aveva scelto ben due vini bianchi, uno per l’antipasto e l’altro per il primo piatto.
Quando era così creativo, tra i fornelli, i motivi potevano essere o tanto sesso o tanti soldi.
Martina lo lasciò stare: il suo compito sarebbe stato quello di gustarsi la cena e poi ripulire la cucina il giorno dopo. Così decise, nel frattempo, di sistemare le sue scarpe all’interno della cabina armadio della loro camera da letto.
È incredibile come la polvere s’insinui ovunque col tempo… raffiora sempre, è invadente come un pensiero malsano che logora l’animo.
Strusciò il dito indice destro su una scatola azzurra che sembrava pulita: il colore roseo del polpastrello divenne di un grigio quasi avorio, patinato.
Osservando attentamente vi potè scorgere dei granelli di chissà quale materia.
Prese il panno e, con calma certosina, cominciò a togliere una ad una, da destra a sinistra della fila, le scatole; a spolverarle esternamente, controllarne l’interno, posizionarle poi al centro della stanza.
Fatto questo, decise di proseguire con la fila delle scarpe di Gioele, ben più breve della sua. Ma, si sa, le donne hanno un debole per questo accessorio!
Arrivata quasi in fondo, tra le ultime due scatole vi scorse una busta incastrata: era palesemente scivolata da chissà dove, forse da una tasca di una delle giacche di Giole appese proprio sopra.
La prese: era con l’intestazione di un’associazione Humanitas. Gioele lasciava sbadatamente molte cose a giro: fatture, ricette, contratti…
Stava per riporla sul comodino quando l’istinto le disse: «Sembra vuota. Controlla. Forse è solo una busta da buttare.»
Non era sigillata: l’aprì.
Per un lungo attimo il respiro si fermò: vi era all’interno una breve lettera scritta di pungo da Giole e datata il giorno prima.
Un forte calore la invase ovunque; iniziò a sudare freddo; stava per collassare, lo sentiva; la testa le girava.
Mano a mano che continuava a leggere, la situazione peggiorava: arrivò in fondo per poi abbandonarsi seduta al bordo del letto con la lettera in grembo.
Fece dei forti respiri; si asciugò la fronte e poi attese: attese la calma.
Una volta ripresasi, rilesse quelle parole: una, due, tre volte.
28 luglio 2006
Ciao Fla…
nel mio inseguimento a destra credo che ci siano molte risposte alle tue perplessità.
Sono convinto che te lo sei goduto quasi del tutto (sai eri appena scesa e non avevi fatto rilassamento, perciò avrai perso alcuni attimi).
Ma ti sei subito ripresa, o meglio: ripersa in un abbraccio.
Ah, piccolo animalino scontento dello strapotere cerebrale delle nostre convizioni.
Ah, oggetti del desiderio sublimati in contorsioni al forno di una macchia di mezza estate.
Ah, quanto siamo succubi del nostro cervello!
Ma sembra divertente asservire in corpo ai desideri della mente, o meglio giocare con la mente per trasformare in accettabili senzazioni che altrimenti travolgono: oh, come è divertente, oh, come è divertente!
Ma a parte le peregrinazioni del momento, stasera ho sentito una Fla bellissima.
Non vado oltre, poiché il peso dell’assenza in questi casi è più opprimente.
Grazie per le scoperte che mi stai facendo fare come un fanciullo ghermito dalle tue muscolose (sensuali) gambe e portato in verpraterie di piacere.
Grazie.
L’abbraccio che ti mando è torrido, possente e con enorme bisogno di ripetizioni multiple.
Dice il saggio: il sesso non è tutto nella vita, ma aiuta a vivere meglio!
O era il denaro quello?!?Se si scrive che è stato bello è banale; se si riempie di avverbi di esaltazione si eccede; se lo si ignora lo si sminuisce.
Ma un sano silenzio godereccio delle sensazioni avute è una buona reazione a due ore come le nostre.Gioele
Un vuoto, un incolmabile vuoto si prese possesso di Martina.
Che fare adesso? Che dire? E dove andare?
Un mondo, un progetto di vita… frantumati in un attimo.
Che fare?
* * *
Ahi, ahi, Gioele…
Ma che ti è preso?!?
Perché ieri non hai consegnato a Fla quella maledetta lettera?
Non mi dire che…
Ma, insomma! Te la sei goduta, spassata; due ore di follia pura e – a causa di una missiva, sfogo del tuo ego maschile, distrattamente lasciata incustodita – ti fai scoprire così?
Rimorsi di coscienza verso Martina?!?
No, non va bene. Non ti riconosco più.
Come fai adesso a negare?
Comunque nega, nega sempre, anche l’evidenza, dato che ci tieni tanto.
Martina ti ama troppo e ti perdonerà.
Sei la sua vita.
E tu, purtroppo, hai bisogno di Martina più di quel che pensi o sostieni.
* * *
– Mamma, che fai?
– Sto sistemando le scarpe nella cabina armadio.
– La cena è pronta: Gioele ha già servito l’antipasto. Ha detto che deve fare un annuncio importante e vorrebbe ti sistemassi per l’occasione.
– Davvero?
– «Dille di mettersi il tubino blu con la collana di perle.»
– Ah, va bene. Datemi cinque minuti e arrivo. Anch’io devo fare un annuncio importante.
15 aprile 2014
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La felicità di Martina – Capitolo 7 © Paula Becattini
La felicità di Martina – Capitolo 4
Quando il senso della vita ha il calore della famiglia.
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Capitolo IV
«Tra poco è Natale!
Non vedo l’ora di aprire i regali!
Stasera festeggeremo con il cenone, poi andremo a messa.
Mamma dice che dobbiamo essere più buoni, perché solo così si avvereranno i desideri: lo spirito di Natale ce li porta dopo mezzanotte. Ma non tutti! Alcuni li serba per darceli dopo, per esempio quando compiamo gli anni.
Caro Babbo Natale, ti prometto che farò la brava.
Vorrei che mamma fosse sempre felice. E che papà trovi presto un lavoro nuovo.»
* * *
8/8/8, sì.
È sempre stato un ottimo equilibrio: 8 ore di lavoro o studio, 8 ore di riposo, 8 ore di svago.
Questo il ritmo.
Questo il ritmo fino a quando ha conosciuto Martina.
Poi la fine. La fine di un’epoca gloriosa. La fine della mia epoca!
Un’organizzazione perfetta: diplomato a 18 anni, laureato a 23 con un anno di vantaggio, specializzato a 26 dopo aver conseguito il servizio di leva, affermato professionalmente a 28.
A 30 acquisto i vecchi studi “Perseus”: li ristrutturo, li amplio, li organizzo e inserisco nuovi specialisti. In sei mesi vado in attivo diventando un punto di riferimento in Toscana nel settore medico.
Oh! Quanto ho lavorato bene in quegli anni. E quanto mi sono divertito!
8/8/8: 8 ore di lavoro o studio, 8 ore di riposo, 8 ore di svago e… sesso!
* * *
Ecco, l’amore è importante.
Anche il sesso è importante.
Si può amare senza sesso?
Forse… Sì.
Si può fare sesso senza amore?
Non lo so, in tanti si pongono questa domanda.
Personalmente non ci riesco: ho bisogno di un grande coinvolgimento emotivo per poter fare del “grande” sesso!
Ci ho provato in passato, certo.
Quando? Poco dopo la separazione dal mio ex marito: sembravo una ventenne in pieno rimescolamento ormonale ma con l’esperienza di una trentenne! Sono arrivata ad avere anche quattro amanti contemporaneamente: un lavoro, sa. Un impegno costante, una fatica…
Nonostante la bambina piccola, riuscivo a organizzarmi senza farle mancare niente e lavoravo proficuamente 6/8 ore al giorno.
È durata poco.
Mi sentivo vuota.
Mi mancava il calore di una famiglia.
Poi ho conosciuto Gioele.
Ah, due mesi di corteggiamento reciproco bellissimi! Due mesi dolcissimi, ma anche intriganti, erotici, finché non abbiamo fatto l’amore.
La prima volta è stato di una passionalità quasi animalesca. La seconda volta un’incontrollabile tempesta di desiderio. La terza… via via un crescendo in complicità e intesa.
Insomma, facevamo l’amore ogni giorno. Ovunque, comunque, appena possibile!
Se non l’avessi amato come lo amo così intensamente ancora oggi, non avrei mai potuto: ho sempre desiderato Gioele per amore.
Il fatto è che Gioele non può stare per più di tre giorni senza rapporti sessuali e questo è un problema, grande!
Perché?!?
Perché si chiude in se stesso, mi evita, mentre si apre con le altre. Incomincia a corteggiarle…
Non so se lo fa volontariamente.
Non ho idea fin dove si spinge.
Questo suo comportamento è iniziato circa sei mesi dopo il nostro incontro. Così, nel tempo, giorno dopo giorno, mesi dopo mesi, sono arrivata a farmi logorare dalla gelosia.
Eppure mi ama. Lo sento! Lo dimostra, davvero! Soprattutto quando tra noi tutto scorre serenamente.
Non è la prima volta che gliene parlo, vero?
Lei mi ha sempre detto che di un uomo si amano anche i difetti… e che Gioele è il più debole nella coppia… e che ha sempre avuto un rapporto conflittuale con le donne, forse a causa della sua infanzia… e che è orgoglioso… e che…
Dottore, per due settimane non potrò avere rapporti sessuali. Come faccio a dirlo a Gioele? Come reagirà? E soprattutto: lui resisterà? Capirà?
Dovrei darmi pace?
Dottore… Cosa devo fare?
Essere io quella comprensiva?!?
Perché, vede, sono sei anni che “spero”.
Ho quarant’anni ormai…
Dottore, smettere di desiderare mi farà star meglio?
24 dicembre 2008
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La felicità di Martina – Capitolo 4 © Paula Becattini
La felicità di Martina – Capitolo 3
Quando il senso d’infinito assume fattezze di femmina.
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Capitolo III
In casa trovarono un grande silenzio: all’una di notte tutto taceva e si percepiva l’assenza di altre anime.
L’allegria alcolica li avvolgeva entrambi.
Si diressero decisi in salotto e lei, senza nemmeno togliersi il cappotto, proseguì verso lo stereo. Sinuosamente si allungò ai cd esposti e ne scelse uno: Secret love di Sting.
Poco dopo risuonarono, dolcemente diffuse nella stanza, le note di Inside.
I suoi occhi brillavano nella penombra.
Gioele si tolse il giaccone e, col sorriso sulle labbra, si sedette sul divano in attesa che accadesse qualcosa.
E quel qualcosa accadde, mano a mano che la musica cresceva. Si accese un ritmo leggero.
Due fianchi iniziarono a ondeggiare con la padronanza di una ballerina orientale.
Le mani disegnavano arabeschi virtuosi in trasparenza nell’aria.
Il ritmo aumentava. Anche il battito di Gioele. Avrebbe voluto toccarla, ma lei ogni volta che si avvicinava sfuggiva con mossa di gatta.
Martina si accarezzò lungo i fianchi sollevando leggermente il cappotto. Ad uno ad uno sganciò i bottoni, aprendosi come un fiore e richiudendosi poi stretta intorno la vita, che sembrava ora sottilissima: Gioele rivide finalmente la generosa scollatura.
Sempre ballando, si girò inarcando la schiena e flesse verso di lui il sensuale fondoschiena.
Gioele attendeva… attendeva che sollevasse tutto, ma si faceva desiderare.
I tacchi a spillo sorreggevano due lunghe gambe snelle e morbide.
La riga della calza disegnava perfettamente la salita al piacere che Gioele si pregustava. Il ritmo cresceva. Un solo gesto: si ritrovò improvvisamente un perizoma di pizzo nero sul viso dal profumo inconfondibile, quello del sesso.
Gioele credeva di scoppiare; dovette slacciarsi la cintura e aprire i pantaloni. Lei sembrava una sirena irraggiungibile. Il suo canto lo stava facendo impazzire e la sua danza morire di desiderio.
Finalmente Martina mostrò le autoreggenti: una sottile striscia di carne candida tra l’elastico e la gonna sollevata innescarono una tempesta di ormoni ora impazziti.
Il ritmo stava raggiungendo il culmine. Tutto ondeggiava freneticamente.
All’improvviso se la ritrovò seduta su di lui con i seni scoperti sul viso.
Lei lo afferrò al collo baciandolo in bocca avidamente: miele, sapeva di miele!
Si accorse che il ritmo adesso era all’unisono con quello di lei.
Che spettacolo: i capezzoli turgidi, il sesso bruciante come il fuoco.
Quando quella meravigliosa creatura cominciò a miagolare e mugolare di piacere, Gioele dovette lasciarsi andare: la supplicò di non smettere.
E così, in un groviglio di battiti di corpi, sul finire di Inside raggiunsero insieme l’apice.
I respiri, ancora ansimanti, ruppero il silenzio dello stacco prima che incominciasse il brano seguente, Send your love.
Le due bocche ancora si sfioravano.
Gioele, deglutendo e senza fiato, trovò il coraggio di dirle:
– Promettimi che tra vent’anni, quando ne avrai sessanta, ballerai ancora così… per me. Ti amo, Martina.
* * *
Sì, non c’è altro da aggiungere.
Eh, già…
No, tutto ok.
Davvero! Tutto ok.
È solo che…
Cavolo, Martina a volte sa essere così… trasgressiva!
Mi spiazza: che devo fare? Che devo dire?
Insomma! Gioele ci prova con molte altre! Mai che concluda!
Arriva al punto che lo desiderano e lui: sbam! Gli chiude la porta in faccia!
Mai una carezza!
Mai un bacio!
Niente!
Tante parole, tante risate, tanti sguardi maliziosi e… sbam!!!
Non lo capisco, io che sono il suo alter ego non lo capisco.
È un bel cinquantenne, intelligente, pieno di cultura, dal passato glorioso, una forza della natura, ed ora si riduce così: monogamo!
Devo essere più presente, più costante, il suo pensiero fisso.
Devo approfittarne quando Martina è debole.
* * *
– Signora, dato il suo stato le consiglio di non avere rapporti con suo marito per un paio di settimane. Non è niente di grave: solo precauzione.
– Ma… due settimane?
– Sì. Faccia la cura che le ho prescritto e vedrà che tutto si rimetterà a posto. Non è niente di grave, mi creda.
– Grazie. Tra una settimana le farò sapere come procede.
– Certo. Venga pure in ambulatorio senza appuntamento: Marzia la farà passare tra un paziente e l’altro.
– Grazie ancora, grazie… (e ora? come faccio a dirlo a Gioele?)
18 dicembre 2008
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La felicità di Martina – Capitolo 3 © Paula Becattini
Musa
•
Come in sogno sei arrivata
ma di un sogno reale
che dei tuoi passi felpati
ne ho percepito la morbidezza
e l’aria che si muoveva fresca
come mille gocce di rugiada
come respiro a fior d’acqua.
Musa di un amore colto
violento e tenero
perdermi in te desidero
a bracciate lente, cullandomi
tra onde di piacere e pace
quella pace che sa di eterno.
Non fuggir via:
lasciati ammirare ancora
e sarai mia…
17 marzo 2013
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Musa © Paula Becattini
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Gelo di cannella
•
Il vento dell’inverno le bruciava il viso come usciva di casa; e lei guardava sempre oltre il cancello: vi arrivava a passi veloci, stando comunque attenta a non scivolare.
Poi correva via, lasciandosi alle spalle il vialetto, la casa, sperando che la giornata la portasse lontano, dai pensieri, dai ricordi, dai sogni.
Ma in fondo cosa sono i sogni? Schiaffi gelidi che da tempo evitava, nonostante il gelo.
Fin quando, un mattino, la brina nel suo giardino le rapì lo sguardo: bianca come zucchero sull’erba sofferente, sulle foglie degli ulivi e la pianta di salvia che, imperterrita, si curava da sola.
Era trascorso poco più di un anno e, dondolandosi sui tacchi, fumando aria dai polmoni, ripensò a quella prima volta che non avrebbe dovuto esserci, che non avrebbe dovuto squarciarle l’anima e tirarle fuori le emozioni.
Ma questo accadde, insieme al risveglio dei sensi, al piacere di soffermarsi nello scoprire i profumi, nel percepirne le sfumature, i colori e i sapori. Perché anche i sapori hanno tonalità nascoste…
Ricordò i suoi libri di ricette, che in gioventù aveva consumato con letture avide e mani sporche di frenetica attività, atti a donarle gioia e altrettanta soddisfazione nel distribuirla ai suoi cari con manicaretti su tavole imbandite.
Tra questi uno in particolare, seppur trattasse di dolci, amaro come il fiele; ma lì stava e ogni tanto si faceva aprire come per dire: «Non mi abbandonare».
Avesse almeno nevicato, si sarebbe rinchiusa nel suo guscio, che niente aveva a che fare con le pareti di una stanza in particolare.
Aveva tutto per preparare un delizioso gelo, tranne la cannella…
Ma aveva dimenticato, cancellato, perso l’usanza di curare la dispensa.
Di spezie è condita la vita: senza si muore lentamente, nell’insipidità ci si ingrigisce.
Così finalmente rialzò lo sguardo.
Un cancello; è solo uno stupido cancello. E tornò indietro.
Rientrando in casa si disse: «Oggi ho voglia di cucinare…»
29 gennaio 2013
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Gelo di cannella © Paula Becattini
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La ricetta
GELO DI CANNELLA AI PISTACCHI
Ingredienti:
200 g di stecche di cannella, 700 g di zucchero, 200 g di amido, 20 g di pistacchi, 2 litri di acqua.
Lasciate a macerare per una notte, nell’acqua, le stecche di cannella e successivamente fate bollire il tutto, e lasciate poi riposare per circa un giorno.
Rimettete sul fuoco, aggiungendo l’amido e lo zucchero, sempre mescolando, finché non si addensa.
Lasciate raffreddare e spolverate con i pistacchi tritati.
Equili-brio
•
Al di qua e al di là
con le braccie aperte
i piedi su filo tagliente
passo dopo passo
tra gioia e tristezza
sensi di colpa ed euforia.
Vorresti abbassare lo sguardo,
raccogliere il plauso della folla
che freme con te
e ti ruba il respiro
ti ruba l’anima, l’amore
senza saperlo.
Ma al di qua e al di là
ti guardi le mani
in equilibrio dinamico
giocoliere della tua vita
tra passato e presente
circense ferito.
Ben sai qual è la follia
di freddo acciaio tesa
e ci cammini sopra.
Un po’ dà i brividi.
Di paura e immenso piacere…
13 giugno 2012
•
Equili-brio © Paula Becattini