Lontano
Sulla strada che porta
là dove gli occhi
si bagnano di ricordi
due gambe bianche
trascinano un fardello di sogni.
Piedi di bimba
fasciati da desideri di donna
tradiscono il vero intento
in un passo scanzonato
e il succedersi di un altro incerto.
La scia della loro tempesta
si perde nel passato
non ha consistenza
ma la potenza di un’esistenza
il travaglio di molti ardori
o forse di un solo amore
mai descritto
fin dalla prima pagina del suo libro
perché è difficile voltarne l’ultima
per poi riporla lontano.
Lontano dal cuore.
4 giugno 2016
•
Lontano © Paula Becattini
La felicità di Martina – Capitolo 7
•
Il volo
L’angelo ha aperto le ali
e si è già lanciato dall’infinito del cielo.
Non vi è urlo che l’accompagna,
solo il silenzioso taglio dell’aria.
Sarà la sua caduta
a ricondurlo tra i mortali,
con il suo sogno imprigionato
sempre e comunque tra le ali…
•
Capitolo VII
Gioele era in cucina, stava preparando una zuppetta di pesce, in piena eccitazione e gaiezza, al ritmo della musica dei PFM.
Aveva scelto ben due vini bianchi, uno per l’antipasto e l’altro per il primo piatto.
Quando era così creativo, tra i fornelli, i motivi potevano essere o tanto sesso o tanti soldi.
Martina lo lasciò stare: il suo compito sarebbe stato quello di gustarsi la cena e poi ripulire la cucina il giorno dopo. Così decise, nel frattempo, di sistemare le sue scarpe all’interno della cabina armadio della loro camera da letto.
È incredibile come la polvere s’insinui ovunque col tempo… raffiora sempre, è invadente come un pensiero malsano che logora l’animo.
Strusciò il dito indice destro su una scatola azzurra che sembrava pulita: il colore roseo del polpastrello divenne di un grigio quasi avorio, patinato.
Osservando attentamente vi potè scorgere dei granelli di chissà quale materia.
Prese il panno e, con calma certosina, cominciò a togliere una ad una, da destra a sinistra della fila, le scatole; a spolverarle esternamente, controllarne l’interno, posizionarle poi al centro della stanza.
Fatto questo, decise di proseguire con la fila delle scarpe di Gioele, ben più breve della sua. Ma, si sa, le donne hanno un debole per questo accessorio!
Arrivata quasi in fondo, tra le ultime due scatole vi scorse una busta incastrata: era palesemente scivolata da chissà dove, forse da una tasca di una delle giacche di Giole appese proprio sopra.
La prese: era con l’intestazione di un’associazione Humanitas. Gioele lasciava sbadatamente molte cose a giro: fatture, ricette, contratti…
Stava per riporla sul comodino quando l’istinto le disse: «Sembra vuota. Controlla. Forse è solo una busta da buttare.»
Non era sigillata: l’aprì.
Per un lungo attimo il respiro si fermò: vi era all’interno una breve lettera scritta di pungo da Giole e datata il giorno prima.
Un forte calore la invase ovunque; iniziò a sudare freddo; stava per collassare, lo sentiva; la testa le girava.
Mano a mano che continuava a leggere, la situazione peggiorava: arrivò in fondo per poi abbandonarsi seduta al bordo del letto con la lettera in grembo.
Fece dei forti respiri; si asciugò la fronte e poi attese: attese la calma.
Una volta ripresasi, rilesse quelle parole: una, due, tre volte.
28 luglio 2006
Ciao Fla…
nel mio inseguimento a destra credo che ci siano molte risposte alle tue perplessità.
Sono convinto che te lo sei goduto quasi del tutto (sai eri appena scesa e non avevi fatto rilassamento, perciò avrai perso alcuni attimi).
Ma ti sei subito ripresa, o meglio: ripersa in un abbraccio.
Ah, piccolo animalino scontento dello strapotere cerebrale delle nostre convizioni.
Ah, oggetti del desiderio sublimati in contorsioni al forno di una macchia di mezza estate.
Ah, quanto siamo succubi del nostro cervello!
Ma sembra divertente asservire in corpo ai desideri della mente, o meglio giocare con la mente per trasformare in accettabili senzazioni che altrimenti travolgono: oh, come è divertente, oh, come è divertente!
Ma a parte le peregrinazioni del momento, stasera ho sentito una Fla bellissima.
Non vado oltre, poiché il peso dell’assenza in questi casi è più opprimente.
Grazie per le scoperte che mi stai facendo fare come un fanciullo ghermito dalle tue muscolose (sensuali) gambe e portato in verpraterie di piacere.
Grazie.
L’abbraccio che ti mando è torrido, possente e con enorme bisogno di ripetizioni multiple.
Dice il saggio: il sesso non è tutto nella vita, ma aiuta a vivere meglio!
O era il denaro quello?!?Se si scrive che è stato bello è banale; se si riempie di avverbi di esaltazione si eccede; se lo si ignora lo si sminuisce.
Ma un sano silenzio godereccio delle sensazioni avute è una buona reazione a due ore come le nostre.Gioele
Un vuoto, un incolmabile vuoto si prese possesso di Martina.
Che fare adesso? Che dire? E dove andare?
Un mondo, un progetto di vita… frantumati in un attimo.
Che fare?
* * *
Ahi, ahi, Gioele…
Ma che ti è preso?!?
Perché ieri non hai consegnato a Fla quella maledetta lettera?
Non mi dire che…
Ma, insomma! Te la sei goduta, spassata; due ore di follia pura e – a causa di una missiva, sfogo del tuo ego maschile, distrattamente lasciata incustodita – ti fai scoprire così?
Rimorsi di coscienza verso Martina?!?
No, non va bene. Non ti riconosco più.
Come fai adesso a negare?
Comunque nega, nega sempre, anche l’evidenza, dato che ci tieni tanto.
Martina ti ama troppo e ti perdonerà.
Sei la sua vita.
E tu, purtroppo, hai bisogno di Martina più di quel che pensi o sostieni.
* * *
– Mamma, che fai?
– Sto sistemando le scarpe nella cabina armadio.
– La cena è pronta: Gioele ha già servito l’antipasto. Ha detto che deve fare un annuncio importante e vorrebbe ti sistemassi per l’occasione.
– Davvero?
– «Dille di mettersi il tubino blu con la collana di perle.»
– Ah, va bene. Datemi cinque minuti e arrivo. Anch’io devo fare un annuncio importante.
15 aprile 2014
•
La felicità di Martina – Capitolo 7 © Paula Becattini
La felicità di Martina – Capitolo 6
•
E se la vita fosse un sogno?
Allora è un incubo. Solo un incubo…
•
Capitolo VI
Il video illuminava la stanza… qualcosa la fece sussultare.
Fu come risvegliarsi, uscire da un lungo sogno.
Prese così coscienza dei ricordi raffiorati; talmente vividi e consistenti da inebriare, o far sprofondare nel dolore.
Ma erano solo ricordi.
Un ultimo Natale, quello rammentato, che ben poco aveva il sentore della rinascita.
Adesso, che le era stato diagnosticato un tumore di grado 3 al seno, Martina per un attimo si rivide bambina; subito dopo adulta e responsabile.
Responsabile di una decisione importante: quella di lasciarsi andare.
La stessa che decise di prendere tanto tempo fa per sua madre, il suo unico e vero sostegno; di lasciarla librare nell’infinito, che il tempo era terminato come forse a breve sarebbe terminato il suo.
Una decisione presa in un attimo, da sola, senza ripensamenti.
Un preannucio, una prerogativa, a quel che sarebbe stato il resto della sua vita.
Ripensò a quell’ultimo Natale: i successivisi si mischiarono a pura sofferenza e solitudine.
Martina si ritrovò sempre più sola.
Purtroppo se accorse troppo tardi: dopo 5 anni dalla morte di sua madre, quando un errore – commesso solo perché cercava un po’ di compagnia e di considerazione – venne punito nel peggiore dei modi, predemitatamente, con calcolo, distruggendola definitamente.
Un’esecuzione.
Martina voleva davvero addormentarsi e lasciare il mondo per ricongiungersi con sua madre; ma due occhi di cerbiatto avevano bisogno di lei: Rebecca sapeva e non voleva perderla.
Rebecca la teneva in vita, mentre Martina aveva un gran bisogno di pace.
Continuò il lavoro intrapreso: ridurre in coriandoli tutte le poesie, gli haiku, le parole d’amore che Gioele aveva scritto per lei su tovaglioli di carta di chissà quale ristorante o birreria, su post-it dai vari colori rubati al lavoro, su cartine di cioccolatini amari…
Via. Tutte.
Cancellate dalla vista e dal cuore, mai imparate a memoria ché sarebbe stato pericoloso, rigettate.
Via le sue foto tenute vicino al computer; via i dolcini sloveni a forma di cuore che gli rammentavano gli innumerevoli viaggi fatti insieme.
Poi sarebbe stato il turno delle collane, dei gioielli; e poi dei vestiti.
Ogni cosa, ogni minima cosa che poteva riportarla a quel decennio di vita sprecato, doveva sparire.
Infine attendere: attendere l’accadere di un evento in quel nuovo stato di verginità.
Oppure reagire.
Appoggiò la mano al seno destro: le sembrò di sentirlo.
«Tu sei frutto del mio malessere…»
Reagire. Come? Avrebbe vinto lui, come aveva vinto Gioele.
Lei non era una vittima: aveva combattuto a lungo e tenacemente, come nessuna aveva mai fatto, fin quando la resa fu necessaria.
Adesso doveva riprendere a combattere una battaglia contro un nemico subdolo altrettanto.
Lo avrebbe fatto solo per Rebecca; e un po’ per se stessa, se solo non fosse stata sola a farlo.
30 marzo 2014
•
La felicità di Martina – Capitolo 6 © Paula Becattini
La felicità di Martina – Capitolo 5
Il Natale vive negli occhi dei bambini.
•
Capitolo V
Martina sapeva.
Sapeva che lo spirito del Natale non sarebbe stato più lo stesso, eppure ancora ci sperava.
E così avrebbe guardato dolcemente tutti quanti negli occhi, nonostante qualcuno le fosse stato ostile.
I preparativi erano stati frenetici ma calcolati, perché così desiderava Gioele.
Martina, invece, era quella del “all’ultimo minuto”: sapeva bene che quando l’abbandonava l’adrenalina la vita diventava noiosa. Forse uno dei motivi per cui aveva scelto Gioele era proprio questo: le compensava una parte mancante. O forse no… le avrebbe incasinato il resto della sua vita.
Tutto era pronto: la tavola, le decorazioni, i regali sotto l’albero di Natale, l’antipasto, il vino al fresco.
Un tocco di rossetto, il girocollo di perle ed ecco fatto.
Rachele era di là con gli altri ragazzi, i fratelli acquisiti. La sentiva parlare ad alta voce: doveva in qualche modo farsi valere, soprattutto con la primogenita di Gioele. L’altro figlio, il secondo, Serse, andava d’accordo con Rachele e, anche se un po’ schivo, si capiva che aveva un gran bisogno di coccole.
Serse… il nome importante di un re persiano. A suo tempo si era informata: significa proprio “re”.
Rachele invece “pecorella”… tutto poteva essere che una pecorella! Ma Rachele è anche la patrona delle madri che hanno perso un figlio. Martina non aveva perso un figlio, non fisicamente. Che avesse scelto quel nome perché già “sapeva”? Sapeva che non avrebbe avuto altri figli, nonostante il forte desiderio?
Eppure ancora ci sperava.
Si fece coraggio: un lungo respiro a pieni polmoni sollevarono la sua quarta di seno stretta in un corpetto argentato per poi scendere lentamente. Era pronta: si avviò verso la sala da pranzo.
I ragazzi fremevano, non tanto per la cena, quanto per i regali che attendevano sotto l’albero.
Gioele era raggiante e non si dimenticò di dare un’occhiata ammiccante di apprezzamento a Martina per il suo look quando arrivò.
– Fiuuuuuuuu! Sei uno spettacolo! Ma per i botti è presto… siamo a Natale!
Martina apprezzava questa sua spontaneità davanti ai ragazzi. Non sempre era così… un’ombra le offuscò gli occhi resi ancora più lucidi e grandi dalle lenti a contatto.
– Amore, cosa c’è? Ti senti poco bene?
– No, no… scusa. Le lenti… sai, le metto raramente. Iniziamo?
La serata proseguì tranquillamente e senza intoppi, per fortuna.
Tutti aspettavano il momento fatidico.
Quando finalmente arrivò, dopo varie lamentele per il troppo mangiare da parte dei ragazzi, un gran smuovere di sedie e grida travolsero la casa.
Partì la corsa al bottino e poi la conta di quanti fossero a testa: tutto ciò divertiva ogni volta Gioele e Martina che, mano nella mano, si gustavano la scena seduti a tavola mentre sorseggiavano un bicchierino di Marsala.
– Che dici? Andiamo a prendere anche i nostri regali?
– Perché Babbo Natale li ha portati anche a noi? – replicò ridendo Gioele.
– Quante letterine hai ricevuto?
– Quattro, ovvio.
– Ovvio? E la quarta di chi sarebbe? Eh, eh, eh…
– Che fai? La gnorri?
– Io non ne ho ricevuta nessuna…
– Aspetta! La befana arriva il 6 gennaio!
– Spiritoso…
Lo spettacolo non era finito: stavano prendendo le misure per verificare chi avesse il pacco più grande.
Martina scartò i suoi: un profumo, un ricettario, una sciarpa di seta, un paio di guanti e poi “quello”, un libriccino.
Quel libriccino sembrava uno scherzo, eppure glielo aveva regalato la sua migliore amica quando si erano incontrate a Modena due settimane prima, e aveva atteso la Vigilia.
– Dai, non fare quella faccia… noi abbiamo superato il tempo eppure è come se fosse ancora il primo giorno!
Martina lo sguardò tra due fessure taglienti.
– Prima il tuo intervento in radio, adesso questo. Qualcuno cerca di dirmi qualcosa?!?
– Sicuramente è un caso… no?
– Sicuramente.
Sicuramente Frédéric Beigbeder sapeva la sua.
Sicuramente l’amore dura tre anni, come da titolo del libro. O diciotto mesi… oppure quattro anni se sei fortunato!
Martina si promise che lo avrebbe letto. Lo sfogliò con poca curiosità.
«Insomma, non facciamola troppo complicata!
Diciamo le cose come stanno. Si ama e poi non si ama più»
Françoise Sagan
Ecco, l’inizio non prometteva niente di buono.
Che cavolo le era passato per la testa a Stefania? Perché regalarle quel libro?
* * *
È arrivato il momento di riportare i due angioletti a casa.
Sono questi gli accordi, Gioele.
Hanno trascorso una lieta e spensierata vigilia di Natale con te; si sono divertiti; i regali sono stati apprezzati.
Domani trascorreranno invece la giornata con la madre e i nonni: altro momento di gioia.
Suvvia! Non sentirti in colpa! Tra qualche giorno li rivedrai… E poi, scusa, è stata tua la decisione di separarti. Sapevi a cosa andavi incontro.
Semmai, dimmi: l’hai preso il cellulare?
Non sarebbe il caso di inviare un messaggino di auguri a “miss boccoli d’oro”?
Che ti costa?
Un minuto. Una piccola sosta prima di rientrare a casa. Poi spengi il cellulare.
Martina non saprà mai.
Ecco, sì… cerca il suo numero in rubrica.
Sotto quale nome l’hai memorizzata?
Ah, già…
Sei un genio!
28 dicembre 2013
•
La felicità di Martina – Capitolo 5 © Paula Becattini
La felicità di Martina – Capitolo 4
Quando il senso della vita ha il calore della famiglia.
•
Capitolo IV
«Tra poco è Natale!
Non vedo l’ora di aprire i regali!
Stasera festeggeremo con il cenone, poi andremo a messa.
Mamma dice che dobbiamo essere più buoni, perché solo così si avvereranno i desideri: lo spirito di Natale ce li porta dopo mezzanotte. Ma non tutti! Alcuni li serba per darceli dopo, per esempio quando compiamo gli anni.
Caro Babbo Natale, ti prometto che farò la brava.
Vorrei che mamma fosse sempre felice. E che papà trovi presto un lavoro nuovo.»
* * *
8/8/8, sì.
È sempre stato un ottimo equilibrio: 8 ore di lavoro o studio, 8 ore di riposo, 8 ore di svago.
Questo il ritmo.
Questo il ritmo fino a quando ha conosciuto Martina.
Poi la fine. La fine di un’epoca gloriosa. La fine della mia epoca!
Un’organizzazione perfetta: diplomato a 18 anni, laureato a 23 con un anno di vantaggio, specializzato a 26 dopo aver conseguito il servizio di leva, affermato professionalmente a 28.
A 30 acquisto i vecchi studi “Perseus”: li ristrutturo, li amplio, li organizzo e inserisco nuovi specialisti. In sei mesi vado in attivo diventando un punto di riferimento in Toscana nel settore medico.
Oh! Quanto ho lavorato bene in quegli anni. E quanto mi sono divertito!
8/8/8: 8 ore di lavoro o studio, 8 ore di riposo, 8 ore di svago e… sesso!
* * *
Ecco, l’amore è importante.
Anche il sesso è importante.
Si può amare senza sesso?
Forse… Sì.
Si può fare sesso senza amore?
Non lo so, in tanti si pongono questa domanda.
Personalmente non ci riesco: ho bisogno di un grande coinvolgimento emotivo per poter fare del “grande” sesso!
Ci ho provato in passato, certo.
Quando? Poco dopo la separazione dal mio ex marito: sembravo una ventenne in pieno rimescolamento ormonale ma con l’esperienza di una trentenne! Sono arrivata ad avere anche quattro amanti contemporaneamente: un lavoro, sa. Un impegno costante, una fatica…
Nonostante la bambina piccola, riuscivo a organizzarmi senza farle mancare niente e lavoravo proficuamente 6/8 ore al giorno.
È durata poco.
Mi sentivo vuota.
Mi mancava il calore di una famiglia.
Poi ho conosciuto Gioele.
Ah, due mesi di corteggiamento reciproco bellissimi! Due mesi dolcissimi, ma anche intriganti, erotici, finché non abbiamo fatto l’amore.
La prima volta è stato di una passionalità quasi animalesca. La seconda volta un’incontrollabile tempesta di desiderio. La terza… via via un crescendo in complicità e intesa.
Insomma, facevamo l’amore ogni giorno. Ovunque, comunque, appena possibile!
Se non l’avessi amato come lo amo così intensamente ancora oggi, non avrei mai potuto: ho sempre desiderato Gioele per amore.
Il fatto è che Gioele non può stare per più di tre giorni senza rapporti sessuali e questo è un problema, grande!
Perché?!?
Perché si chiude in se stesso, mi evita, mentre si apre con le altre. Incomincia a corteggiarle…
Non so se lo fa volontariamente.
Non ho idea fin dove si spinge.
Questo suo comportamento è iniziato circa sei mesi dopo il nostro incontro. Così, nel tempo, giorno dopo giorno, mesi dopo mesi, sono arrivata a farmi logorare dalla gelosia.
Eppure mi ama. Lo sento! Lo dimostra, davvero! Soprattutto quando tra noi tutto scorre serenamente.
Non è la prima volta che gliene parlo, vero?
Lei mi ha sempre detto che di un uomo si amano anche i difetti… e che Gioele è il più debole nella coppia… e che ha sempre avuto un rapporto conflittuale con le donne, forse a causa della sua infanzia… e che è orgoglioso… e che…
Dottore, per due settimane non potrò avere rapporti sessuali. Come faccio a dirlo a Gioele? Come reagirà? E soprattutto: lui resisterà? Capirà?
Dovrei darmi pace?
Dottore… Cosa devo fare?
Essere io quella comprensiva?!?
Perché, vede, sono sei anni che “spero”.
Ho quarant’anni ormai…
Dottore, smettere di desiderare mi farà star meglio?
24 dicembre 2008
•
La felicità di Martina – Capitolo 4 © Paula Becattini
TPS
•
Non siamo altro che desideri
e rimorsi,
tanti “se” e “ma”
riflessi in due occhi.
E tu, ed io
gli altri intorno a me
lei con te
lui per me
i sorrisi, i pianti
i ricordi:
non siamo altro che desideri
e rimorsi.
Perché vorrei cambiarmi.
Ed io lo so
senza te è uno strazio.
Ma verrà il tempo di un abbraccio.
Ci scalderà in punta di piedi
scesa io da un treno
di nuovo in partenza,
per noi, con noi.
E
Tutto Passerà… Sospirando.
16 febbraio 2013
•
TPS © Paula Becattini
•
Illusioni
•
Ci sono state parole
lievi come aria
gravi come roccia
sotto il sole cocente
di un grande amore.
Ed avevano il profumo
di non terminare
nel loro susseguirsi
ed inseguirsi fluenti.
Ma poi è arrivato il tempo
di vivere la realtà
spazzando via ogni certezza
e pure i baci inaspettati
su di una pelle affamata.
Faticoso vivere,
faticoso attendere.
E adesso le parole sono solo
un riempire i vuoti creati
e un placare tutti quei desideri
che non possiamo nutrire…
20 dicembre 2012
•
Illusioni © Paula Becattini
Come sonagli al vento
Nel mio stare senza chiedere
si nasconde la speranza
di ritrovare quel cielo
e quella stanza
dove appendere i desideri
come sonagli al vento.
Intanto le mie braccia
dondolano al pensiero
e accolgono dolci aliti
e due occhi
dove rintanarsi
per trovare sollievo.
Lo specchio di me
rimanda un’immagine
che del dare ha la tenerezza:
non ho età, né innocenza.
Mi attendo,
mentre la vita mi prende
e con amore
mi lascio prendere.
Mille erano i sonagli
e ancora
il loro eco risuona intorno.
Al mondo.
18 settembre 2012
•
Come sonagli al vento © Paula Becattini
•
Fino al mattino
Non lasciar che sia la sera
a disperdere i pensieri
e i desideri spengersi
con le luci di un’ora
blu evanescente.
È ancora il tempo
di fotogrammi impressi.
Basta restar fermi
non scappare all’evidenza
guardare l’orizzonte macchiarsi
ed esser certi che domani
un’altra alba bagnerà il cielo.
E la mia mano nella tua
a sussurrare amore.
Fino al mattino e ancora
senza riposo avvinghiati i fianchi
perdersi negli occhi.
Il tempo scorre veloce.
Almeno quest’attimo
rubiamolo al Creatore.
17 marzo 2012
•
Fino al mattino © Paula Becattini
Non importa
Non importa
se mi lascerai
per poi riprendermi
come hai sempre fatto,
ché spesso mi rivedo
sull’altalena
felice andare e venire
tagliando l’aria
osservando il cielo
cercando di sfiorare
le verdi foglie
accarezzate dal vento
ciondolando i piedi
inarcando la schiena
con i capelli sciolti
sulle spalle riscaldate
da un tiepido sole.
Non importa
se mi lascerai
per poi riprendermi,
ché il dondolare
sulla mia altalena
gorgogliando risa
e imitando il volo
ascoltando
l’anima silenziosa
e le emozioni
custodite
mi rincuora
rivivendo
i sogni e i desideri
di una giovinezza
mai spenta.
Non importa
se mi lascerai,
ché io son qui
bambina sull’altalena
a solleticare la vita
con la consapevolezza
ormai adulta
che non esiste
la perfezione
e così altalenando
resto ferma
nei miei sentimenti
sorridendo
e con un po’ di paura
del salto che farò
per ritornare.
11 febbraio 2009
*
Non importa © Paula Becattini
*