Arte e Cultura

Lampo

Amplesso scheletrico di Marc Quinn

Non so cosa è stato
un dardo, un lampo
a infrangere il suono
a infrangere il muro
pietra su pietra delle mie paure
senza conoscerne luogo
se non il petto
e il segno tuo inciso sul mio seno.
È stato un attimo
un bagliore prima del tuono
a squarciare l’anima
a dare linfa a questo corpo
facendomi agognare la fine
e poi l’inizio e ancora la fine
a supplicare dolcemente
di non smettere d’amarmi.

Che sono tua
l’hai saputo dal primo istante…

7 febbraio 2013

Lampo © Paula Becattini

Una curiosità
Se, dalla notte dei tempi, l’amplesso di due amanti brucia vivo tra le fiamme della passione, mai è stato meglio rappresentato – a parer mio – se non in questa scultura di Marc Quinn: Amplesso scheletrico.
“La ricerca di Marc Quinn, anche se apparentemente sembra orientata sul bagliore dell’effetto, della sorpresa, dello scandalo, in realtà vuole sfruttare l’evidenza di certi ‘inganni’ linguistici per spezzare la spirale transitoria dell’attualità e misurarsi con il grande mistero della storia”.
(Citazione tratta dal testo di Danilo Eccher)


D’aria e note, l’eterna giovinezza di Allevi

Allevi al pianoforte al Teatro Verdi di Firenze

Sembra un ragazzino, vestito così in maglietta nera, jeans e sneakers.
Nonostante abbia superato gli “anta” da qualche anno, forse lo è veramente; e forse è proprio quella strega, con la sua danza, punzecchiandolo continuamente dall’interno della sua testa, a mantenerlo tale nel fisico e nello spirito.

“Stiamo tornando nel Rinascimento italiano,
dove l’artista deve essere un po’ filosofo,
un po’ inventore, un po’ folle, deve uscire
dalla torre d’avorio e avvicinarsi al sentire comune.”
G.A.

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Zenith (tautogramma con la Z)

Zittisciti zigana!

Zittisci zefiri
zinna zuccherosa,
zendado zifrinato,
zibellino zompante.

Zitta, zigana.

Zargagliando
zelante zillo,
zufolo,
zampillo.

Zigana…

13 novembre 2009

*

Zenith © Paula Becattini

*

Il tautogramma è un tipico gioco linguistico, un testo o un componimento poetico nel quale tutte le parole hanno la medesima lettera iniziale.
Rappresenta per certi versi l’inverso del lipogramma, in cui non può essere usata una determinata lettera.
Tautogramma famoso è «Veni, vidi, vici» (Venni, vidi, vinsi), messaggio con cui Cesare comunicò al Senato la sua vittoria su Farnace re del Ponto: esprime in modo perfetto quanto rapida e facile fu stata quell’impresa.
Altro tautogramma celeberrimo – un verso del poema epico Annales del poeta Ennio (239-169 a.C.) – è «O Tite, tute, Tate, tibi tanta, tyranne, tulisti» (O re Tito Tazio, quanti travagli hai tu dovuto sopportare): tutte le parole iniziano con la lettera T, salvo il vocativo O.
Per restare in tema poetico, ecco invece un sonetto di Luigi Groto, poeta e drammaturgo italiano (1541-1585) detto il “Cieco d’Adria”, ove le iniziali iniziano tutte con la D.
Trattasi di un tautogramma d’amore dedicato da Groto a Deidamia.

Donna da Dio discesa, don divino,
Deidamia, donde duol dolce deriva,
Debboti donna dir, debbo dir diva,
Dotta, discreta, degna di domino?

Datane da destrissimo destino,
Destatrice del dì dove dormiva,
Delle doti donateti descriva
Demostene, dipingati Delfino.

Distruggemi dolcissimo desio
Di divolgarti, disperol dapoi
Diffidato dal dur depresso dire.

Dunque dache dicevol detti Dio
Dinegami, discolpami; dipoi
Dimostra di degnarti del desire.

Luigi Groto


Orval – parte seconda

Abbazia di Orval: rosone del transetto settentrionale*

La vecchia abbazia si trova ancora lì, a fianco del nuovo complesso – una particolarità quasi unica al mondo –, accogliendo i visitatori in silenzio e riportandoli indietro nel passato in quel che era, ed è tutt’oggi, la vita monastica. Le sue rovine ricordano un po’ quelle dell’Abbazia di San Galgano, in Toscana, a circa 30 km ad Ovest di Siena, fra Monticiano e Chiusdino, dove possiamo trovare al centro della Rotonda di Montesiepi, conficcata in un masso roccioso che emerge dal pavimento, la famosa Spada nella roccia, per molto tempo ritenuta un falso ottocentesco. Ma recenti analisi hanno dimostrato valori nella sua composizione che rientrano nella norma per un metallo medievale e non indicano utilizzo di leghe o acciai moderni.
E, come si rispetti, anche l’Abbazia di Orval ha la sua bella leggenda che la caratterizza…

Abbazia di Orval: ingresso alla navata centrale

Superata l’antica casa di accoglienza e il piccolo vivaio a sinistra, costeggiando le vestigia del quartiere abbaziale, in fondo a destra troviamo una fontana.
Si racconta che la contessa Matilde di Toscana (1046-1115) aveva da poco perso il suo sposo Goffredo il Gobbo. In occasione di una partita di caccia era in visita a Orval e un dì, mentre era seduta al bordo della sorgente, le cadde l’anello nell’acqua e tutti i tentativi per ritrovarlo furono vani.
Si recò così al vicino oratorio per pregare. Dopo Matilde ritornò alla fontana ove, all’improvviso, comparve un pesce che teneva in bocca l’anello per restituirglielo. Fu così che la contessa, raggiante, esclamò: “In verità, questa è proprio una valle d’oro!” (Vraiment, c’est ici un val d’or!). E, per riconoscenza, decise di fondare un monastero in questo luogo benedetto. I primi monaci che vi si stabilirono arrivarono dal sud Italia nel 1070.
Valle d’oro, Or-Val… ecco come sono nati il nome e l’effige dell’abbazia.
Se mai vi capita di farvi una visita, non dimenticate la fontana: una fanciulla che vi getta una monetina ha molte probabilità di trovar marito entro un anno.

14 settembre 2011

Abbazia di Orval: Fontana di Matilde

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Io, seminomade nell’impressioni

Chi scrive, a volte, non sa il perché…
Nell’inconscio elabora “un testo che alla fine sappia più di lui, che rappresenti una fonte di sorpresa, di curiosità, che non lo deluda alla rilettura, ma che anzi riveli significati nascosti che non poteva prevedere…”
Un testo anche non degno di un Premio Pulitzer, ma che appartiene più di quanto si creda.
È quel che mi è accaduto stamani – e che non mi ha abbandonata per tutto il giorno – leggendo il breve post su Libereditor’s Blog dal titolo Invenire, trovare, scoprire, facendomi “rileggere” questa mia molto acerba… tuttavia mia, fin nel profondo

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Di forma in forma,
di colori in suoni,
per necessità o per amore,
per natura o ispirazione,
io, seminomade
assetata e affamata,
congelo attimi
in immagini verbali
e catturo luce in fotogrammi
senza tempo,
a introspezione di un mio essere
universale,
lasciandomi trasportare
dalla brezza di sensazioni
che andrebbero
altrimenti perse.

Io, seminomade
assetata e affamata,
so attraversare deserti
che ti appartengono
e accompagnarti
in valli rigogliose
senza che mi conosca.
Assetata e affamata,
lascio mille luoghi
per poi riviverli
giorno dopo giorno,
coscente di averli dentro
come un universo imploso
e che esplode
nel momeno in cui
faccio dono di me,
del mio essere
seminomade nell’impressioni.

Ma in questo andare
mai trovo pace:
per amore
abbandono terre
al richiamo di un canto
di sangue e sudore
per poi tornare.
E scrivere,
a modo mio,
poesia…

28 dicembre 2008

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Io, seminomade nell’impressioni © Paula Becattini

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Intimi Racconti di Viaggio – #1

Il racconto Muto

Martina Uras ha finalmente presentato nel suo blog Due Torri e Nuraghi il progetto Racconto Muto.
Già presente in ambito teatrale – dove viene chiesto di “fare” qualcosa in scena, una qualsiasi, in libertà, istintivamente e senza parlare –, l’intento di Martina è quello di trasportarlo in fotografia.
A cadenza di un mese (per il momento) posterà delle fotografie che, per animarsi, avranno bisogno di scrittori, semplici appassionati o anche solo curiosi, i quali osservando le foto metteranno alla prova la loro creatività, costruendo un proprio racconto di viaggio tramite un commento al post.
Il commento potrà essere in prosa o poesia e sarà il frutto delle emozioni/sensazioni provate nell’osservare le fotografie.
Ecco il primo post fotografico:

Intimi Racconti di Viaggio: “Il volo dei ricordi nel giardino degli eletti”

Non potevo non annunciarlo!
E con piacere ho dato il via!
Brava Martina! È proprio una bella iniziativa.
Ecco il mio contributo.
Per l’associazione poesia/foto, ovviamente, visitate il blog Due Torri e Nuraghi

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Il volo dei ricordi

Ode il vento
sussurrar sospiri
un freddo mattino
d’inverno
e per catturarne
il senso
vaga vaga
tra le nuvole e il cielo
gioca con i rami
e le foglie
tocca fresche lenzuola
tra i fili tese
solleva polvere
accarezza visi
scuote porte chiuse
fin quando stanco
rimane catturato
brezza primaverile
tra i giochi di bimba
in un giardino magico
incantato dal sussurrar
di mille ricordi
fino al tramonto
dondolando.

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Il volo dei ricordi © Paula Becattini

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