L’Italia dei miracoli
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Chi non ricorda il miracolo economico italiano, detto anche boom economico, del secondo dopoguerra?
C’è chi lo lo ha vissuto in pieno, eppure sembra ora averlo dimenticato; chi appena sfiorato; chi lo ha conociuto grazie ai libri di scuola; e chi appreso involontariamente dalla bocca dei propri padri o nonni.
Eppure è stato e rimarrà un aspetto caratterizzante dell’Italia rispetto ad altre nazioni, proprio perché attribuito a un’ampia disponibilità di manodopera che evitò al nostro paese strozzature che si erano verificate altrove, dando luogo a forti correnti immigratorie.
Qualcuno ha sostenuto che in emergenza covid-19 si è stati peggio che in guerra; in ogni caso il lockdown ha dato all’economia italiana un duro colpo. E adesso è arrivato il momento di ripartire.
Adesso è arrivato il momento di rimboccarsi nuovamente le maniche.
La Lettera 22 della Olivetti compie settant’anni.
Fu progettata nel 1950 dal designer e pubblicitario Marcello Nizzoli per essere un oggetto unico e contemporaneamente “popolare”, dalle linee essenziali e la tastiera incorporata nella carrozzeria in alluminio.
Il suo stile inconfondibile venne riconosciuto, premiato nel 1954 e poi accolto nell’empireo del MOMA.
Molte le personalità, gli scrittori e i giornalisti che nella Lettera 22 hanno trovato una compagna ideale per il proprio lavoro: tra di questi si distinguono Cesare Marchi, Enzo Biagi, Indro Montanelli e il giudice Carlo Biotti, che non se ne separarono mai.
La Lettera 32, commercializzata a partire dal 1963, fu ideata come erede della Lettera 22 e anch’essa divenne molto popolare tra giornalisti e studenti, oltre ad avere un grande successo commerciale a livello internazionale. Ma tante altre aziende italiane contribuirono a creare “simboli” del boom economico degli anni ‘50 e ‘60.
Tra queste si distinse la FIAT, la grande azienda torinese della famiglia Agnelli, con la produzione di macchine utilitarie poco costose e pratiche come la famosa 600, presentata al salone dell’automobile di Ginevra il 10 marzo del 1955.
Negli stessi anni fu registrato anche un forte aumento della vendita degli scooter: nel 1956 la Piaggio di Pontedera produsse il milionesimo esemplare della Vespa, uno degli esempi di design industriale più riuscito al mondo.
In quegli anni il nuovo benessere e soprattutto un forte slancio ottimistico verso il futuro aumentarono la propensione al consumo degli italiani. Nelle case delle famiglie di quanti potevano contare su uno stipendio e un posto di lavoro stabile iniziarono a far ingresso numerosi beni di consumo durevoli, come lavatrici, frigoriferi e televisori la cui produzione era svolta soprattutto da imprese italiane di piccole e medie dimensioni.
E adesso?
Quali saranno gli scenari economici post covid-19?
L’Italia sarà in grado di rialzarsi e con quale velocità?
Indro Montanelli in una intervista una volta disse: “Per l’Italia non c’è futuro, perché l’Italia ignora il proprio ieri di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di sapere nulla, e pertanto non potrà avere un domani.”
Di sicuro il 2020 ha cambiato e continuerà a cambiare le nostre vite, le nostre abitudini, la nostra quotidianità.
Per far ripartire il paese bisognerà avere tanta fiducia, forza, coraggio e anche quella fantasia e quell’ottimismo che ci hanno sempre caratterizzati.
Servirà un nuovo miracolo.
Adesso che il lockdown è finito, guardiamo al presente pensando al futuro.
Adesso che si sta per riaffacciare il sereno, non facciamoci trovare impreparati: un nuovo boom economico è possibile.
6 giugno 2020 – Gola Gioconda n. 1/2020
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L’Italia dei miracoli © Paula Becattini
Il “Pipi”
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«Ha paura a prenderlo in mano? Le fa effetto?»
Queste le domande dell’esperta di zona del Gruppo Italiano Ricerca Chirotteri alla mia telefonata.
Il “Pipi” (come lo ha battezzato mia figlia) me lo sono ritrovato quasi in casa.
Lì per lì l’avevo scambiato per una tarantola: pelosa!
Ma poi…
A dire il vero il fatto si è trasformato in un incontro tenero.
L’ho imboccato, con una siringa senza ago, di acqua e omogeneizzato di manzo.
Ha dormito all’interno di una scatola da scarpe tra carta assorbente e un tovagliolo di cotone – a testa in giù –, nel silenzio più assoluto, in camera mia.
E la sera, al crepuscolo, l’ho liberato nella speranza che prendesse il volo.
Ha preso il volo…
Mia figlia ha pianto perché il suo “Pipi” se ne è andato.
Da tempo piango anch’io.
A buon intenditor poche parole…
Tenete presente ciò: un “pipi” a terra ha bisogno di aiuto.
Non abbiate paura!
6 settembre 2013
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Il “Pipi” © Paula Becattini
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Un tempo per ogni cosa
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Era maggio
e poi d’improvviso inverno.
Un tempo per vivere
ed uno per morire.
Come la gioventù
con le sue attese
con i fremiti che scuotono
con i baci che riempiono
bocche avide d’amore.
È passata…
accarezzandomi dolcemente.
C’è un tempo per amare
e uno per dirsi addio.
C’è un tempo per cercarsi
per poi perdersi, ritrovarsi
e scoprire che la vecchiaia
non ci deforma agli occhi dell’altro.
Ma io ero giovane
e lo sarei sempre stata
al tuo fianco.
Così arriva il tempo
di comprendere i propri sbagli.
E forse un giorno
anche quello di perdonarsi.
22 agosto 2013
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Un tempo per ogni cosa © Paula Becattini
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Curiosità
Nella mitologia greca la chimera (il cui nome in greco significa letteralmente capra) era un mostro che sputava fuoco, talvolta alato, con il corpo e la testa di leone, la coda a forma di serpente e con una testa di capra nel mezzo della schiena, che terrorizzava la terra della Licia.
Venne uccisa da Bellerofonte in un epico scontro con l’aiuto del cavallo alato Pegaso.
La Chimera di Arezzo raffigura il mostro ferito, che si ritrae di lato, e volge la testa in atteggiamento drammatico di notevole sofferenza, con la bocca spalancata e la criniera irta.
La testa di capra sul dorso è già reclinata e morente a causa delle ferite ricevute.
Ma la parola “chimera”, figurativamente, significa anche desiderio irrealizzabile, illusione, assurdità, fantasticheria…
Le nostre chimere sono quelle che ci assomigliano di più.
Victor HugoLa costanza è la chimera dell’amore.
Luc De VauvenarguesNon esistono né estreme delizie né estremi tormenti che possano durare tutta la vita: il sommo bene e il sommo male sono chimere.
Voltaire
Baladin: passion dans la bouche
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Passion dans la bouche …
Notes d’agrumes
et notes pétillantes ils ont enlevé les mes sens.
Une musique ancienne était suspendu à ses lèvres
alors que mes lèvres sèches
ils ont volé des expériences de vie
et rondeur et d’épices de poivre.
Oh, revenir à moi
et chante plus d’histoires!
Mon Baladin …
Passione in bocca…
Sentori agrumati
e frizzanti note rapirono i miei sensi.
Una musica antica pendeva dalle sue labbra
mentre le mie assetate
rubavano esperienze di vita
e del pepe una rotondità pungente.
Oh, torna da me
e cantami altre storie!
Mio Baladin…
10 maggio 2013
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Baladin: passion dans la bouche © Paula Becattini
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Baladin è una parola francese (si pronuncia baladen) che significa “commediante ambulante”.
Caduta in disuso, tranne che nella forma letteraria, dà il nome anche al birrificio artigianale che regala tante esplosioni di emozioni in bocca e all’olfatto.
Chapeau a Teo Musso!
Grazie…
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Birre degustate abbinate a grissini e Napolitains Wayan, Super e Fondenti
9 maggio 2013 – Villa Severi (Arezzo)
- Mama Kriek (birra speciale, kriek)
- Wayan (birra speziata, stagionale)
- Nazionale (birra luppolata, italianissima)
- Open (birra luppolata, APA)
- Elixir (birra puro malto, demi-sec)
- Xyauyù barrel (birra da meditazione, ossidata, maturata in botti di rovere che hanno ospitato grandi rum)
Tempo di ringraziamenti: “Very Inspiring Blogger Award”
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È tempo di ringraziamenti, ma da molto tempo!
In queste cose non sono un fulmine ed è inutile nascondersi dietro un dito: mi devo sdebitare con molti amici di penna e di blog!
Incominciamo da quest’ultimo.
In ordine sparso, ringrazio di cuore e con sincera stima:
Ognuno di loro, nel tempo, mi ha conferito un premio.
Ciò mi ha onorata e dato coraggio a continuare a tenere in vita questo blog, che non ha molti lettori, ma questi pochi mi hanno supportata (per non scrivere “sopportata”) soprattutto nei momenti più difficili… insieme alla mia poesia.
Qui riporterò solo un premio, quello conferitomi da Iwona: non se ne abbiano a male gli altri!
Mea culpa, mea culpa, mea culpa!
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Le regole
1. Copia e inserisci il premio in un post
2. Ringrazia la persona che te l’ha assegnato e crea un link al suo blog
3. Racconta 7 cose di te
4. Nomina 15 blog a cui vuoi assegnare il premio e avvisali postando un commento nella loro bacheca
Sette cose su di me
1. Sono e rimarrò sempre un’inguaribile romantica e credo ancora nell’amore, nonostante tribolazioni varie.
2. Adoro cucinare, mangiare e bere bene: non nascondo che ritengo le pietanze e il vino una inesorabile fonte d’ispirazione ed erotismo.
3. Lo avrete sicuramente notato: per me scrivere poesie non è solo una passione. Sono io!
4. Non mi sono mai tinta i capelli e rinnego la chirurgia estetica per cercare di arrivare all’eterna giovinezza: o si è giovani dentro o niente!
5. Ho una bambina adorabile, la mia vera gioia, ma mi sarebbe piaciuto tanto avere un altro figlio…
6. Da grande volevo fare l’etologa e i miei idoli erano Konrad Lorenz e Manilo Mainardi (tra l’altro bravo disegnatore!). Per ora mi accontento – da autodidatta – di studiare il comportamento umano; ogni tanto con qualche rimpianto, che in certi comportamenti sono di gran lunga più lineari gli animali.
7. Dopo aver praticato spinning, nuoto, balli da sala e tango argentino, da un anno e mezzo mi dedico al tennistavolo, anche a livello agonistico, con grande soddisfazione. È divertentissimo e mi sta aiutando a tirare fuori la tigre che è in me… GGRRRRR! 🙂
Nomine
Ecco il difficile! Difficile scegliere… quindici sono tanti, ma sempre pochi!
E quindi:
Singloids
Trasferelli
Il mondo intorno
Al peggio non c’è mai fine
La topina della Valle Argentina
Luca Rota Images
Amo il web, non ricambiato
Via Piodecimo 9
Prendi la luna
Mi interessa!
Troppi colori per accontentarsi
Due Torri e Nuraghi
Briciolanellatte Weblog
Masticone
The notebook of happiness
Ma vorrei segnalare, perché se lo meritano come gli altri, anche:
Il mio giornale di bordo
Annitapoz’s Weblog
Italia, io ci sono.
Amù
Libereditor’s Blog
Arthur
Lisboantigua
E poi a tutti quelli che seguo e mi seguono: grazie!
2 febbraio 2013
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Tempo di ringraziamenti © Paula Becattini
Tredici
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Mi son data un tempo
che non è il tuo,
lontana da tutto e tutti
in contemplazione
di me e delle mie passioni.
Un tempo che cancella se stesso
e le mie rughe
lasciandomi nuda,
vulnerabile come neonata
e tremendamente affamata.
Chissà se mi nutrirò ancora
dei tuoi baci.
La vita è bastarda:
non ci regala mai abbastanza
gioie.
1 maggio 2012
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Tredici © Paula Becattini
Una curiosità
13, oltre ad essere un numero felice e fortunato, è anche il nome dato a un asteroide – 13 Egeria –, battezzato così in onore della dea Egeria protettrice delle nascite e delle sorgenti.
Tennis tavolo: breve storia della racchetta
All’inizio erano a manico lungo, di forma ovale ma più piccola di quella da tennis. Alcune avevano le corde, altre carta pecora simile a quella del tamburello.
Poi nel 1890 si diffondono quelle in legno e di compensato.
In foto un esemplare del 1925: nuda, con il manico in sughero, verniciata con la coppale per non farla deformare… La pallina vi scivola sopra che è una bellezza!
E così, nel giro di pochi mesi, incominciano “sperimentazioni varie”. Per la ricopertura vengono usati il sughero, le tele, le gomme, insomma di tutto e di più.
Si racconta che un certo Cood, inglese, utilizzò una stuoia di gomma a rete (materiale usato nei negozi per non far rotolare le monete durante i pagamenti), vincendo così la finale di un torneo per 50 a 3.
Nel 1892 nasce la gomma con i puntini, usata fin nel 1960.
Nel 1930 si inizia a utilizzare in gara tre o quattro racchette diverse, a seconda del gioco s’intende fare: una di legno, una ricoperta di sughero, un’altra con gomma puntinata, ecc.
Ma la vera svolta della racchetta da tennis tavolo avviene nel 1952, quando ai campionati di Bombay Satoh, giapponese, utilizza una ricopertura di gommapiuma e diventa campione del mondo.
Per riequilibrare i livelli di gioco, nel 1959 si arriva a un compromesso tra asiatici ed europei, che consentirà comunque di mantenere vertici spettacolari al gioco: la gomma piuma può essere usata, però deve essere ricoperta da gomma con puntini, il tutto senza superare i 4 millimetri di spessore per faccia. Nasce la famosa copertura sandwich, gommapiuma più caucciù.
Nel 1960 nasce il top spin moderno ed è la rivoluzione del gioco. Chi non lo usa è tagliato fuori. Così, dopo qualche anno, il belga Toni Hold inventa la gomma antitop, una gomma dura e scivolosa, usata solo su una faccia: gli effetti non si sentono. I giocatori di sandwich vanno in crisi.
Finalmente nell’ottobre del 1977 il tennistavolo viene riconosciuto come sport olimpico e dalla Cina arriva la gomma con puntini lunghi, chiamata anche gomma erba.
Nel 1983 la federazione mondiale decide che la racchetta deve avere due colori, una a faccia rossa e l’altra nera. Con questa decisione scompaiono quasi del tutto le gomme antitop e a puntini lunghi.
Dopo questa breve storia della racchetta, non ci resta che allenarsi duramente!
E ogni tanto rivolgere una preghierina alla Madonna del ping pong.
Perché giocare è divertimento, ma vincere tira sù il morale!
4 aprile 2012
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Tennis tavolo: breve storia della racchetta © Paula Becattini
Una V7 da copertina
La storia di questi “Cilindri Italiani” è una gran bella storia.
Nel senso che… nessun’altra all’infuori della Moto Guzzi rappresenta al meglio, in materia motociclistica, l’Italia all’estero.
Fondata il 15 marzo del 1921 da Carlo Guzzi e Giorgio Parodi, questa celeberrima azienda ha prodotto più di 50 modelli dalla sua fondazione, specializzandosi nei motori bicilindrici a V di 90º.
Con le partecipazioni alle gare dal 1924 in poi la marca si afferma sempre più fin quando, dopo il conflitto, nel 1946 la società diventa Moto Guzzi S.p.A. e al fine di conquistare nuove tipologie di clienti costruisce il suo primo motore a due tempi, il Guzzino 65. Solo nei primi tre anni ne verranno costruiti 50.000 esemplari!
Poi sopraggiunge la crisi.
Nel 1964 muore Carlo Guzzi; nello stesso periodo si diffondono le automobili e la quantità totale di moto vendute diminuisce.
Per cercare un’uscita da questa situazione, l’anno successivo l’ingegner Giulio Cesare Carcano progetta il motore V2 di 90º frontemarcia, divenuto poi nel tempo l’icona stessa della Moto Guzzi ed ancor oggi costantemente aggiornato ed utilizzato!
Nel 1971 viene presentata la V7 Sport, una moto sportiva destinata ad entrare nella storia per le caratteristiche dinamiche dell’accoppiata motore-telaio e per essere l’unica moto di serie, nel panorama mondiale dell’epoca, a superare i 200 km/h. Per il mercato americano vengono approntate le versioni Special, California e Ambassador.
Da oltre quarant’anni, le valvole e i bilancieri del motore V7 giocano tra loro, emettendo il classico “ticchettio” che, unitamente allo scarico, caratterizza il famoso suono del bicilindrico di Mandello del Lario. Inconfondibile!
Ancora oggi la passione per questo motore accomuna tante persone… me compresa! Che lo apprezzo, insieme a tutto il resto, anche per il suo lato estetico, tanto da sentirne il desiderio di fotografarlo!
E così ho avuto l’onore che uno dei miei scatti fosse scelto per la copertina del calendario 2012 realizzato da Cilindri Italiani!
Quando l’ho scoperto il mio cuore ha fatto «Brum… Brum… Bruuummm!»
Il calendario potete trovarlo qui. La foto al completo invece è qui.
23 gennaio 2012
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Una V7 da copertina © Paula Becattini