La felicità di Martina – Capitolo 6
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E se la vita fosse un sogno?
Allora è un incubo. Solo un incubo…
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Capitolo VI
Il video illuminava la stanza… qualcosa la fece sussultare.
Fu come risvegliarsi, uscire da un lungo sogno.
Prese così coscienza dei ricordi raffiorati; talmente vividi e consistenti da inebriare, o far sprofondare nel dolore.
Ma erano solo ricordi.
Un ultimo Natale, quello rammentato, che ben poco aveva il sentore della rinascita.
Adesso, che le era stato diagnosticato un tumore di grado 3 al seno, Martina per un attimo si rivide bambina; subito dopo adulta e responsabile.
Responsabile di una decisione importante: quella di lasciarsi andare.
La stessa che decise di prendere tanto tempo fa per sua madre, il suo unico e vero sostegno; di lasciarla librare nell’infinito, che il tempo era terminato come forse a breve sarebbe terminato il suo.
Una decisione presa in un attimo, da sola, senza ripensamenti.
Un preannucio, una prerogativa, a quel che sarebbe stato il resto della sua vita.
Ripensò a quell’ultimo Natale: i successivisi si mischiarono a pura sofferenza e solitudine.
Martina si ritrovò sempre più sola.
Purtroppo se accorse troppo tardi: dopo 5 anni dalla morte di sua madre, quando un errore – commesso solo perché cercava un po’ di compagnia e di considerazione – venne punito nel peggiore dei modi, predemitatamente, con calcolo, distruggendola definitamente.
Un’esecuzione.
Martina voleva davvero addormentarsi e lasciare il mondo per ricongiungersi con sua madre; ma due occhi di cerbiatto avevano bisogno di lei: Rebecca sapeva e non voleva perderla.
Rebecca la teneva in vita, mentre Martina aveva un gran bisogno di pace.
Continuò il lavoro intrapreso: ridurre in coriandoli tutte le poesie, gli haiku, le parole d’amore che Gioele aveva scritto per lei su tovaglioli di carta di chissà quale ristorante o birreria, su post-it dai vari colori rubati al lavoro, su cartine di cioccolatini amari…
Via. Tutte.
Cancellate dalla vista e dal cuore, mai imparate a memoria ché sarebbe stato pericoloso, rigettate.
Via le sue foto tenute vicino al computer; via i dolcini sloveni a forma di cuore che gli rammentavano gli innumerevoli viaggi fatti insieme.
Poi sarebbe stato il turno delle collane, dei gioielli; e poi dei vestiti.
Ogni cosa, ogni minima cosa che poteva riportarla a quel decennio di vita sprecato, doveva sparire.
Infine attendere: attendere l’accadere di un evento in quel nuovo stato di verginità.
Oppure reagire.
Appoggiò la mano al seno destro: le sembrò di sentirlo.
«Tu sei frutto del mio malessere…»
Reagire. Come? Avrebbe vinto lui, come aveva vinto Gioele.
Lei non era una vittima: aveva combattuto a lungo e tenacemente, come nessuna aveva mai fatto, fin quando la resa fu necessaria.
Adesso doveva riprendere a combattere una battaglia contro un nemico subdolo altrettanto.
Lo avrebbe fatto solo per Rebecca; e un po’ per se stessa, se solo non fosse stata sola a farlo.
30 marzo 2014
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La felicità di Martina – Capitolo 6 © Paula Becattini