La felicità di Martina – Capitolo 3
Quando il senso d’infinito assume fattezze di femmina.
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Capitolo III
In casa trovarono un grande silenzio: all’una di notte tutto taceva e si percepiva l’assenza di altre anime.
L’allegria alcolica li avvolgeva entrambi.
Si diressero decisi in salotto e lei, senza nemmeno togliersi il cappotto, proseguì verso lo stereo. Sinuosamente si allungò ai cd esposti e ne scelse uno: Secret love di Sting.
Poco dopo risuonarono, dolcemente diffuse nella stanza, le note di Inside.
I suoi occhi brillavano nella penombra.
Gioele si tolse il giaccone e, col sorriso sulle labbra, si sedette sul divano in attesa che accadesse qualcosa.
E quel qualcosa accadde, mano a mano che la musica cresceva. Si accese un ritmo leggero.
Due fianchi iniziarono a ondeggiare con la padronanza di una ballerina orientale.
Le mani disegnavano arabeschi virtuosi in trasparenza nell’aria.
Il ritmo aumentava. Anche il battito di Gioele. Avrebbe voluto toccarla, ma lei ogni volta che si avvicinava sfuggiva con mossa di gatta.
Martina si accarezzò lungo i fianchi sollevando leggermente il cappotto. Ad uno ad uno sganciò i bottoni, aprendosi come un fiore e richiudendosi poi stretta intorno la vita, che sembrava ora sottilissima: Gioele rivide finalmente la generosa scollatura.
Sempre ballando, si girò inarcando la schiena e flesse verso di lui il sensuale fondoschiena.
Gioele attendeva… attendeva che sollevasse tutto, ma si faceva desiderare.
I tacchi a spillo sorreggevano due lunghe gambe snelle e morbide.
La riga della calza disegnava perfettamente la salita al piacere che Gioele si pregustava. Il ritmo cresceva. Un solo gesto: si ritrovò improvvisamente un perizoma di pizzo nero sul viso dal profumo inconfondibile, quello del sesso.
Gioele credeva di scoppiare; dovette slacciarsi la cintura e aprire i pantaloni. Lei sembrava una sirena irraggiungibile. Il suo canto lo stava facendo impazzire e la sua danza morire di desiderio.
Finalmente Martina mostrò le autoreggenti: una sottile striscia di carne candida tra l’elastico e la gonna sollevata innescarono una tempesta di ormoni ora impazziti.
Il ritmo stava raggiungendo il culmine. Tutto ondeggiava freneticamente.
All’improvviso se la ritrovò seduta su di lui con i seni scoperti sul viso.
Lei lo afferrò al collo baciandolo in bocca avidamente: miele, sapeva di miele!
Si accorse che il ritmo adesso era all’unisono con quello di lei.
Che spettacolo: i capezzoli turgidi, il sesso bruciante come il fuoco.
Quando quella meravigliosa creatura cominciò a miagolare e mugolare di piacere, Gioele dovette lasciarsi andare: la supplicò di non smettere.
E così, in un groviglio di battiti di corpi, sul finire di Inside raggiunsero insieme l’apice.
I respiri, ancora ansimanti, ruppero il silenzio dello stacco prima che incominciasse il brano seguente, Send your love.
Le due bocche ancora si sfioravano.
Gioele, deglutendo e senza fiato, trovò il coraggio di dirle:
– Promettimi che tra vent’anni, quando ne avrai sessanta, ballerai ancora così… per me. Ti amo, Martina.
* * *
Sì, non c’è altro da aggiungere.
Eh, già…
No, tutto ok.
Davvero! Tutto ok.
È solo che…
Cavolo, Martina a volte sa essere così… trasgressiva!
Mi spiazza: che devo fare? Che devo dire?
Insomma! Gioele ci prova con molte altre! Mai che concluda!
Arriva al punto che lo desiderano e lui: sbam! Gli chiude la porta in faccia!
Mai una carezza!
Mai un bacio!
Niente!
Tante parole, tante risate, tanti sguardi maliziosi e… sbam!!!
Non lo capisco, io che sono il suo alter ego non lo capisco.
È un bel cinquantenne, intelligente, pieno di cultura, dal passato glorioso, una forza della natura, ed ora si riduce così: monogamo!
Devo essere più presente, più costante, il suo pensiero fisso.
Devo approfittarne quando Martina è debole.
* * *
– Signora, dato il suo stato le consiglio di non avere rapporti con suo marito per un paio di settimane. Non è niente di grave: solo precauzione.
– Ma… due settimane?
– Sì. Faccia la cura che le ho prescritto e vedrà che tutto si rimetterà a posto. Non è niente di grave, mi creda.
– Grazie. Tra una settimana le farò sapere come procede.
– Certo. Venga pure in ambulatorio senza appuntamento: Marzia la farà passare tra un paziente e l’altro.
– Grazie ancora, grazie… (e ora? come faccio a dirlo a Gioele?)
18 dicembre 2008
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La felicità di Martina – Capitolo 3 © Paula Becattini
La felicità di Martina – Capitolo 2
Perché è sempre una questione di “alchimia”.
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Capitolo II
«La mamma quando è felice ride e sembra una fata!
A volte però è triste, l’ho vista piangere.
Non è colpa mia, no. Anche quando mi sgrida… vuol dire che è nervosa, perché Gioele la fa arrabbiare.
Mamma e Gioele dicono di essere marito e moglie, ma ancora non lo sono.
Spero che un giorno si sposino, così io mi vestirò da piccola dama per dare gli anelli alla mamma e a Gioele, come ha fatto tanto tempo fa la mia cuginetta Ginevra.
Prego sempre Gesù che accada. Mamma vuole tanto bene a Gioele.
Così forse arriverà anche un fratellino! Uno vero!
Lo chiederò a Babbo Natale. Evviva!»
* * *
– Dottor Irace, ci spieghi meglio cosa accade quando c’innamoriamo…
– Ci droghiamo.
– In che senso, dottor Irace?
– Entra in azione la feniletilamina (PEA), costantemente prodotta dal nostro organismo, che in elevate concentrazioni induce gli stessi effetti delle amfetamine. Causa il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore molto noto, la cui attività è strettamente legata ad una rete di neuroni che genera sensazioni piacevoli in seguito a comportamenti che soddisfano stimoli come la fame, la sete, il desiderio sessuale.
– Quindi?
– Quindi, secondo la teoria dell’apprendimento, nel sistema nervoso rimane impresso il ricordo di un’esperienza positiva. E nel caso dell’innamoramento è l’associazione tra “incontro” e “piacere” che spinge a ripetere lo stimolo che l’ha determinata, cioè entrare nuovamente in contatto con la persona che ha generato l’iniziale rilascio di feniletilamina.
– Interessante, dottor Irace…
– Ma non è tutto! Pensi che in seguito a tutto ciò si aggiunge una generale agitazione determinata dalla noradrenalina, molecola diffusa soprattutto nell’ippotalmo e nel sistema limbico. Come neurotrasmettitore provoca eccitazione, euforia ed entusiasmo; riduce l’appetito (mangiare sottrae tempo per stare con la persona amata); infine promuove la contrazione delle vene degli organi sessuali. Come ormone regola la produzione di adrenalina e nell’esperienza amorosa ne induce il rilascio con conseguente aumento del battito cardiaco, della respirazione e della pressione sanguigna, da cui ha origine il rossore del viso.
– Insomma, il corpo genera un cocktail chimico che ci mantiene innamorati?
– Esattamente, è una questione chimica.
– Dottor Irace, quanto dura questa fase?
– Purtroppo niente dura in eterno. Gli studi limitano il periodo di innamoramento a 18 mesi fino a un massimo di quattro anni. Questo perché il nostro cervello si assuefà, come ad una droga, all’effetto delle “molecole dell’amore”. A questo punto questa fase si trasforma in quella che gli antropologi definiscono di “attaccamento”. A livello del sistema nervoso, si assiste alla produzione di endorfine, una classe di molecole simili per struttura alla morfina, che hanno effetto calmante, rilassante. La componente emotiva dell’innamoramento è legata anche a un altro ormone, l’ossitocina. Viene anche chiamato “ormone dell’amore” in quanto promuove il comportamento materno. Questo ruolo agisce anche nell’ambito della coppia rafforzando l’attaccamento emotivo e potenziando meccanismi della memoria che fissano ricordi emotivi.
– Dottore, ma tutto ciò non è molto romantico…
– Non siamo nati per essere felici, ma per riprodurci… l’attrazione sessuale, l’amore romantico e l’attaccamento a lungo termine possono esistere contemporaneamente anche in modo indipendente l’uno dall’altro. Si può avere un forte attaccamento verso una persona e provare amore romantico nei confronti di un’altra, ed essere attratti sessualmente verso una terza. Questi tre sistemi cerebrali sono stati sviluppati da noi esseri umani nel corso dell’evoluzione esclusivamente per consentire la riproduzione. Ma le assicuro che ognuno di noi s’innamora almeno tre o quattro volte, se non di più, nella propria vita.
– È molto interessante ascoltarla, ma purtroppo il nostro tempo a disposizione sta per scadere. Che argomento ci proporrà la prossima settimana, dottor Irace?
– Parlerò delle differenze tra maschi e femmine, di geni, di monogamia e adulterio…
– Avremo sicuramente l’intervento di qualche ascoltatore!
– Speriamo.
– Dottore, una domanda indiscreta: lei è sposato?
– Sì. Da cinque anni.
– È ancora innamorato?
– Le domande adesso sono diventate due! Sì, certo. Amo mia moglie come il primo giorno, anzi, di più! È una donna fantastica, capace di attivarmi tutti e tre i tipi di sistemi cerebrali. Colgo l’occasione per salutarla.
– Bene! Salutiamo il dottor Gioele Irace, neurologo e psicoterapeuta, dandogli appuntamento alla prossima settimana: stessa ora, stessa frequenza d’onda. Grazie…
* * *
Ahi, ahi, ahi! Caro Gioele…
La tua è sacrosanta verità: sei ancora innamorato di Martina, ma…
Ma ora che è finita la trasmissione radiofonica la deliziosa giornalista “miss boccoli d’oro” ti sorriderà con sguardo malizioso e tu ne approfitterai, non è vero?
Lo sai quanto ti piace il brivido della “cattura”: come ai vecchi tempi!
È come praticare la pesca a mosca: abboccano sempre se gli proponi un’ottima esca e ben costruita.
Una forma d’arte che va oltre la semplice cattura di un pesce da esibire agli amici.
Una pesca “ecologica”, praticata nel rispetto dell’ambiente e dei suoi abitanti.
Unica regola: rilasciare sempre il pesce che si cattura, qualunque sia la taglia, soprattutto se il suo prelievo reca danno significativo all’ecosistema.
E dai! Lo sai… Ti piace ammaliare. Ti piace corteggiare. Ti piace essere corteggiato!
Nessuno verrà a saperlo: la cosa finirà presto, tra qualche settimana, quando non dovrai più partecipare a questo stupido programma.
Su, proponiti… ringraziala… invitala!
* * *
– Signorina, è stato un piacere… l’intervista. Se può dedicarmi dieci minuti del suo tempo, le offrirei volentieri un caffè, così le sviluppo l’argomento della prossima settimana.
– È molto carino da parte sua, dottor “Irace”.
– Mi chiami pure Gioele. Il mio è un bel cognome, molto antico, significa “rapace”, ma preferisco essere chiamato per nom… mi scusi! Il cellulare. Amore!
– …
– Sì, ero molto emozionato…
– …
– Hai ascoltato tutto, sì… non devi ringraziarmi…
– …
– Una sorpresa?
– …
– Andiamo a festeggiare?
– …
– Ora? Sì, scendo… stavo raccogliendo le mie cose… Ti amo.
– …
– Arrivo. Ciao, ciao. Mi scusi, mia moglie… Purtroppo devo andare: Martina mi ha fatto una bella sorpresa! Vuole festeggiare la mia prima filodiffusione con un aperitivo. Allora, arrivederci… alla prossima settimana.
* * *
Cavolo!
Che sfiga, Gioele!
Ma non può sempre andare in questo modo!
Hai il suo numero di cellulare, vero?
Te lo aveva lasciato tempo fa per poterle comunicare la tua disponibilità nel giorno di trasmissione, vero?
Vero, Gioele?!?
Cavolo, Martina è sempre così… è sempre così… premurosa. È sempre così presente!
È sempre così innamorata!!!
* * *
Dottore… smettere di desiderare mi farà star meglio?
15 dicembre 2008
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La felicità di Martina – Capitolo 2 © Paula Becattini