Medusa
Dolce antica sposa del mare,
incanta la tua danza nuziale
e i tuoi veli volteggiare.
Verso la luce lo sguardo sale.
Il passato, il presente, il futuro: ormai non hanno più senso.
Si è persa la memoria. I ricordi vengono semplicemente archiviati.
Niente ci turba. Tutto ha una regola e tutto regolarmente scorre.
La mente, quasi vuota e libera da interferenze, vive ogni momento come singolo e il domani è programmato fin dall’inizio.
Anche chi scrive è stato predisposto per farlo, in questo preciso istante e per i giorni a venire, affinché gli eletti sappiano e niente vada perso.
Primo: osservare.
Secondo: registrare.
Terzo: non interferire.
La chiamano “medusa” ed è l’ultima della sua specie.
Mentre una èquipe di scienziati ne studia alimentazione, comportamento e riproduzione, io devo recarmi tutti i giorni, in turni predisposti, alla grande vasca ovale. Il lungo corridoio che la circonda è spoglio, tranne le postazioni dei computer che sono quattro e tutte a mia disposizione.
Posso solo osservare dal perimetro.
La vasca è al coperto. Ambientazione e luci imitano in modo straordinario l’ambiente naturale di questo animale.
Guardo attraverso il vetro: non scorgo niente. È probabile che ci vorranno ore, forse giorni prima che la veda.
A intervalli regolari sono posti lungo la parete della vasca degli oblò-lenti, che permettono di vedere a distanza attraverso l’acqua e con un ingrandimento del 10x. Ogni tanto mi affaccio ad uno di questi: niente.
Attendo. Non posso fare altro.
Sono trascorsi quattro giorni e oggi, alle 6am, ho intravisto in lontananza per la prima volta la sua ombra: indefinita, scura, immobile, tranne i tentacoli.
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